Addio a Giulietto Chiesa
rompiscatole circasso

risponde Aldo Cazzullo

shadow

Caro Aldo,
leggo che è morto Giulietto Chiesa, personaggio controverso. Lei l’ha conosciuto?
Mario Delbono Milano

Caro Mario,
Ho conosciuto Giulietto Chiesa nel 1990, l’anno in cui lui divenne corrispondente da Mosca della Stampa e io passai alla redazione Esteri del quotidiano. Era senza confronti il più informato e il più introdotto tra i corrispondenti occidentali dall’Unione Sovietica; del resto, dopo essere stato un dirigente del Pci, era stato per dieci anni a Mosca per l’Unità. Siccome quel mondo mi appassionava, e Giulietto era generoso con i giovani colleghi, stava a lungo al telefono a spiegarmi i dettagli del Cremlino, soffermandosi su personaggi che non avevo mai sentito nominare (aveva un debole per Mikhail Nikiforovich Poltoranin). Visse il crollo dell’Urss come un lutto: «Eltsin ha firmato la secessione russa dopo aver bevuto troppi bicchieri di vodka» sibilò una sera. Considerava infatti Eltsin un nemico personale. Amava invece Gorbaciov, ricambiatissimo: Giulietto lo portò a Genova, la sua città, dove me lo presentò: il vecchio segretario generale pendeva dalle labbra di Chiesa.
Andai poi a trovarlo a Mosca nella casa che divideva con il suo grande amore, Fiammetta Cucurnia. Nella capitale russa si raccontava che Giulietto, con la sua aria caucasica e i suoi baffoni da tagiko, venisse respinto all’ingresso dei ristoranti eleganti; e quando protestava, con il suo russo perfetto — «sono un giornalista italiano!» —, non faceva che convincere definitivamente il ristorante di essere invece un faccendiere circasso (ma forse erano malignità dei colleghi invidiosi). Appoggiò con entusiasmo la ribellione cecena, fu al fianco dei ribelli, rischiò la vita.
Orfano del comunismo, provò con la politica, in alleanza con Antonio Di Pietro, che accusò poi di essersi tenuto i soldi. Aderì al filone complottista sull’11 settembre, che — a essere generosi — non gli ispirò certo le sue pagine migliori, e gli valse ironie meritate. Però a me piace ricordarlo con quel sorriso ammiccante, quello sguardo che poteva apparire obliquo ma era in realtà puro, quell’enorme e in fondo ingenua considerazione di se stesso, quella voglia di rompere le scatole (a costo di commettere errori anche gravi) senza la quale non si è giornalisti, ma persone che dicono le cose che i potenti o il popolo del web vogliono sentirsi dire.

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«La quarantena ha penalizzato tante donne»

In questi giorni di quarantena in cui mi sto battendo per ottenere un congedo per figli minori, chiamando l’Inps che mi risponde «Sa signora... Siamo in Italia», con il welfare dei nonni fuori uso, con l’incognita di avere ancora un lavoro tra qualche tempo in una multinazionale americana che fatica ad accettare le tutele sindacali italiane, alla spesa fatta cercando di far quadrare pranzo e cena, con il ruolo di maestra in una didattica a distanza che per i bambini della primaria fino alla terza corrisponde a compiti con la mamma (ore e ore «ma tu non sei la maestra»)... Mi chiedo se veramente le donne erediteranno la terra o finiranno aggredite in casa ancora una volta dal loro aguzzino.Temo che abbiamo tanta strada da fare e tutto quello che sta succedendo lascerà macerie emotive serie. Mai una donna nella task force decisionale, mai un uomo fuori. Quando capiremo che così non può funzionare? Chissà quante donne si saranno sentite chiedere, in questi due mesi, il motivo della loro assenza dal lavoro e che come me non avrebbero potuto lasciare da solo, o con il fratello minorenne, un figlio di 7 anni. Ci sono spesso colleghi uomini dietro a queste domande e sinceramente finché sarà così non vedo la luce alla fine del tunnel. Chissà se le madri costituenti avrebbero pensato a un futuro così difficile per noi donne... Erano loro stesse donne tenaci e volitive come la mia conterranea Lina Merlin che ha lottato contro le donne schiave. Come riusciremo a emergere?
Sabrina Toffanin, toffanins72@yahoo.it

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