Morte di Darya Dugina, per le spie Usa dietro l’omicidio c’era l’Ucraina

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Lo scoop del «New York Times»: Washington non sapeva dell’attentato alla figlia di Aleksandr Dugin, e ha ammonito i leader di Kiev

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Dugin e, sullo sfondo, una foto della figlia, al funerale di quest’ultima (Ap)

I servizi segreti americani sospettano siano stati gli ucraini ad assassinare Darya Dugina , il 20 agosto scorso a Mosca. In ogni caso l’amministrazione Biden non era stata preavvertita. Se lo avesse saputo, avrebbe cercato di convincere il governo di Kiev a rinunciare all’azione. Il New York Times ricostruisce una delle vicende più oscure degli ultimi mesi, anche se mancano ancora delle informazioni per completare il quadro. Il quotidiano scrive che subito dopo l’attacco «settori del governo Usa manifestarono la propria irritazione per l’avventurismo di operazioni coperte». Non è chiaro se si siano mossi i consiglieri di Joe Biden o se sia stata la Cia a protestare. Quel blitz rischiava di alimentare l’escalation in una fase delicata della guerra. E inoltre avrebbe potuto fornire a Vladimir Putin il pretesto per ordinare l’eliminazione di personaggi al vertice in Ucraina, a cominciare dallo stesso presidente Volodymyr Zelensky.

L’intelligence Usa non avrebbe ancora individuato chi autorizzò la missione a Mosca: i militari, il controspionaggio, lo stesso Zelensky? Darya Dugina, 29 anni, saltò in aria non appena salita in macchina. Era la figlia di Aleksandr Dugin, 60 anni, la figura più in vista della destra nazionalista, soprannominato il «Rasputin di Vladimir Putin», teorico del ritorno alla «Grande Russia» e quindi fautore della guerra totale contro l’Ucraina. A Washington, per altro, si era subito pensato che il vero obiettivo dell’attentato fosse Dugin, nonostante Stati Uniti ed Ue avessero sanzionato la figlia Darya per la diffusione di notizie false sul web.

Anche i russi avevano addossato la responsabilità del blitz ad agenti provenienti da Kiev. Il giorno dopo l’omicidio, l’Fsb, il servizio segreto interno, fece sapere di aver individuato una donna ucraina che a luglio aveva affittato un appartamento nello stesso condominio di Dugina e che aveva lasciato la Russia subito dopo l’esplosione.

Da Kiev, Mykhailo Podolyak, uno dei consiglieri più stretti di Zelensky, ha respinto ogni addebito, dichiarando al New York Times: «Lo sottolineo ancora una volta: qualsiasi assassinio in tempo di guerra nel nostro Paese o in un altro deve avere una giustificazione concreta. Deve soddisfare uno scopo preciso, tattico o strategico. Una persona come Dugina non rappresentava per l’Ucraina né un obiettivo tattico, né strategico».

Nessuna reazione, per ora, a Washington. Sabato scorso, il Segretario di Stato Antony Blinken aveva telefonato alla sua controparte a Kiev, Dmytro Kuleba, assicurando che gli Usa «continueranno a sostenere gli sforzi dell’Ucraina per riprendere il controllo dei suoi territori e per rafforzare la sua forza militare e diplomatica».

Il «caso Dugina», tuttavia, riporta in primo piano un problema che preoccupa gli americani. Già altre volte gli ucraini hanno compiuto incursioni segrete in territorio russo, oppure all’interno dei propri confini, colpendo, tra maggio e giugno, i generali dell’armata putiniana. Da allora la Casa Bianca e il Pentagono hanno chiesto a Zelensky di condividere i piani operativi, considerando che la resistenza e ora la controffensiva ucraina non sarebbero state neanche immaginabili senza le armi e le informazioni passate dagli americani.

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5 ottobre 2022 (modifica il 6 ottobre 2022 | 12:53)