15 maggio 2020 - 13:15

Ezio Bosso, frasi e citazioni del musicista scomparso a 48 anni

Ezio Bosso, morto per un cancro, conviveva dal 2011 con una malattia neurodegenerativa. Pianista e direttore d’orchestra, ci ha lasciato pensieri profondi e commoventi sulla vita e la musica

di Silvia Morosi

Ezio Bosso, frasi e citazioni del musicista scomparso a 48 anni
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Addio a Ezio Bosso, direttore d’orchestra, compositore e pianista, nato a Torino il 13 settembre 1971 e morto venerdì 15 maggio a 48 anni. Nel 2011 gli era stata diagnosticata una malattia neurodegenerativa. Aveva continuato a suonare il pianoforte fino al 2019, quando la malattia aveva compromesso l’uso delle mani. Aveva saputo incantare per la sua musica, ma anche per la dignità con cui aveva affrontato e raccontato la sua malattia, come testimoniano alcune delle sue frasi più celebri.

La musica

«La musica è come la vita, si può fare in un solo modo: insieme».
(Festival di Sanremo, 2016).

«La musica è una necessità: è come respirare»

(L'ultima intervista in televisione, a RaiNews24: qui il video su Corriere.it)


I pregiudizi

«Mi fa riflettere sul fatto di perdersi per imparare a seguire.Perdere i pregiudizi, le paure, perdere il dolore ci avvicina. Noi uomini tendiamo a dare per scontate le cose belle - ha poi aggiunto - la vita è fatta di dodici stanze (non a caso il titolo del suo primo album era The 12th room, ndr): nell'ultima, che non è l'ultima, perché è quella in cui si cambia, ricordiamo la prima. Quando nasciamo non la possiamo ricordare, perché non possiamo ancora ricordare, ma lì la ricordiamo, e siamo pronti a ricominciare e quindi siamo liberi»
(Parlando del brano Following a bird — eseguito in occasione Festival di Sanremo, 2016).


La disabilità

«Ho smesso di domandarmi perché. Ogni problema è un'opportunità».
(Frase dell'intervista all'Ansa, 2 novembre 2015, in occasione dell'uscita del suo primo album fisico, The 12th Room, un doppio cd per piano solo registrato con il pubblico in sala a Gualtieri, Reggio Emilia)


«Sono un uomo con una disabilità evidente in mezzo a tanti uomini con disabilità che non si vedono».
(Sanremo, 2016)


Cosa c’è di peggio? «Rendermi conto di come alcuni, purtroppo anche cosiddetti colleghi, usino la mia condizione fisica per denigrarmi. La patologia vera è questa. Le disabilità più gravi non si vedono, i veri malati, o i “sani cronici”, come li chiama il mio amico Bergonzoni, sono loro».
(Dall'intervista a «Sette», agosto 2019)


L'ascolto

«Oggi tutti parlano e nessuno sta a sentire.Bisogna fare silenzio per poter ascoltare.Un silenzio attivo, che ti aiuta a percepire non solo il suono ma anche te stesso, la tua anima. È la lezione di Claudio Abbado. Anche lui capace di trasformare la malattia in rinascita, il dolore in maggiore impegno, in urgenza del fare. Con grande pudore, ne abbiamo parlato alcune volte. In suo nome sostengo l’associazione Mozart14, presieduta da sua figlia Alessandra, che promuove laboratori musicali per i bimbi in ospedale, i detenuti in carcere. Musica spalancata, per loro soprattutto» (Dall'intervista a «Sette», agosto 2019).

L'emergenza Covid-19

«La malattia mi ha allenato a soste forzate ben peggiori. Stavolta però non è il mio corpo a trattenermi ma qualcosa di esterno, collettivo, misterioso. Sono giorni strani, il tempo e lo spazio si sono fatti elastici, a volte le ore sono eterne, a volte volano. A volte ti senti in prigione, a volte scopri la Dodicesima stanza, quella che ti libera. Era il titolo di un mio vecchio album»
(Dall'ultima intervista al Corriere della Sera).

«La prima cosa che farò (dopo la quarantena, ndr) è mettermi al sole. La seconda sarà abbracciare un albero».
(Dall'ultima intervista alCorriere della Sera).

Storia e memoria

«Ogni anno lo riproporrò... perché non dimentico. Io ne ho memoria. In quei giorni mi avrebbero messo un nero, quello per gli Asociali, che erano i "disabili" o prostitute, i malati o semplici oppositori: i diversi ci chiamavano. Ho memoria del rosso per i comunisti, gli anarchici e gli oppositori politici fossero anche sacerdoti. Del giallo per gli ebrei. Del viola per testimoni di Geova. Ho memoria del marrone degli zingari e del blu per i tedeschi antifascisti. Ho memoria del rosa degli omosessuali. Erano triangoli. Erano i miei fratelli e le mie sorelle. A volte facevano la musica come me. E io sono tutti loro. Sono tutti quei colori. Per questo ho memoria di quei triangoli e continuerò ad averla. Perché sono tutti quei triangoli. Lo siamo tutti. E quindi avrò memoria. Oggi come ieri, come domani».
(Dal post in occasione della Giornata della memoria del 27 gennaio 2017).

L'Inno di Mameli

«Non un Inno, ma un Canto: il Canto degli italiani. Nato da un’amicizia e da un sogno».
(L'intervista al Corriere e l'esclusiva esecuzione dell'Inno di Mameli)


L'Europa - dal discorso al Parlamento europeo (2018)

«Da quando avevo 4 anni sono stato abituato a essere europeo. Noi che dedichiamo la nostra vita alla musica sin da piccoli frequentiamo germanoaustriaci come Beethoven, o francesi come Debussy, o tedeschi come Brahms e Mendelssohn. Vedete, non c’è un confine. La musica non è solo un linguaggio ma una trascendenza, che è ciò che ci porta oltre».

«La musica è la nostra vera radice di europei ed è quella che fa eliminare ogni confine. L'Europa è un'orchestra a cui rivolgersi. La musica ci insegna la cosa più importante, ad ascoltare e ad ascoltarci. Un grande musicista non è che chi suona più forte ma chi ascolta e da lì i problemi diventano opportunità».

«La musica ci insegna la cosa più importante che esista: ascoltare».

Il senso dell'Unione

«Quanto è bella la parola Unione. Deriva da unus, essere uno. Significa divenire un unico corpo, condividendo le nostre singolarità e nutrendo attraverso l’altro la nostra esistenza. È una parola che racchiude la sacralità insita nell’essere umano, la sacralità del vivere ogni giorno per rendersi inseparabili e proteggersi quotidianamente. Se ci pensiamo è la prima parola associata all’amarsi, rende quell’amore oggetto terzo, lo dichiara: è la base su cui poggiamo il desiderio di essere famiglia. Bella è quindi la scelta di popoli che si sono avvicinati e sono divenuti una nazione più grande grazie al contributo di ogni singola cultura, esperienza, fortuna, di ogni trauma... Vedete, la fortuna di essere un interprete di musica è anche questa. Non si esegue semplicemente un autore di un Paese o di un altro. Lo si diventa: per poter interpretare bisogna accantonare ogni egoismo e barriera, bisogna mettere al servizio la propria origine fino a trasformarsi in qualche modo nell’altro. Io in una sera, quando dirigo o suono, ho la fortuna di poter essere tedesco, inglese, austriaco, ceco o polacco pur restando con orgoglio italiano. Partecipare a un’Unione diventa una formadi liberazione vera e propria, è l’opportunità di trascendere nell’idea di “altro”... Sono me stesso e sono insieme all’altro. Sono unito. Perché l’Unione europea non è solo un’istituzione. È la definizione di un sentire. È la dichiarazione di un sentimento. L’Unione europea siamo tutti noi. Ogni giorno».
(Qui un estratto della lettera che Bosso inviò ai cittadini europei, pubblicata sulla piattaforma del Parlamento europeo per la sensibilizzazione al voto in vista delle elezioni del 26 maggio 2019).

I concerti

«Quando inizio un concerto io dico sempre ciao! È una parola bellissima!».

Ciao Ezio.

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