Morto Enzo Garinei a 96 anni, principe dei caratteristi e fratello del grande Pietro

di Maurizio Porro

Nella lunga carriera ha realizzato più di settanta film e ha calcato per cinquant’anni i palcoscenici italiani in produzioni come «Alleluja brava gente» e «Aggiungi un posto a tavola»

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Con la morte, avvenuta ieri a 96 anni a Roma, di Enzo Garinei, si chiude definitivamente il grande capitolo della commedia musicale italiana, quella siglata dalle due manine allacciate di Garinei & Giovannini, autori impresari registi e talent scout. Vincenzo, Enzo sulle centinaia di locandine in cui apparve, era il fratello di Pietro, ma non aveva mai goduto di privilegi, era la morale della compagnia: scritturato sì, ma non protagonista, sempre un caratterista, la spalla, un comico che aveva imparato benissimo le regole del mestiere.

Tanti anni di gavetta come attore e spesso doppiatore (diede la voce ai Jefferson e anche a Stan Laurel e a Spugna di Peter Pan) di cinema, tv e di teatro “leggero”, in epoca di doppi spettacoli e di tournèes lunghe otto mesi. Enzo Garinei, padre di Andrea, morto prematuramente, fino a pochi mesi fa era la voce di Dio nella settima edizione di “Aggiungi un posto a tavola” e tutte le sere stava dietro le quinte, pronto a dare la battuta a Guidi, il pretino del diluvio universale: molti pensavano che la voce di Dio (ereditata da Garrone) fosse registrata, data l’età, invece Garinei viaggiava con la compagnia, ne era il simbolo, puntuale come un soldatino per questo musical che ha battuto ogni record di tenitura in Italia (1700 repliche). Ma prima di raggiungere la voce divina, Garinei ebbe per 500 sere la parte comica del sindaco (ereditata da Panelli), così come era stato indispensabile in moltissime produzioni della celebre ditta, facendo in scena perfino l’imitazione del fratello nel “Delia Scala show” e quell’anno ebbe la Maschera d’argento per il teatro di rivista. Inizi in varietà carnevaleschi al Valle di Roma e poi il solito tragitto, iniziando nel 1949 con “Totò le moko”, primo di una lunga collaborazione col principe de Curtis; poi “Il vedovo allegro”, “Arrivano i nostri” e molti successi dell’Italia povera ma bella che rideva con Sordi, la Valeri, De Filippo, Rascel, nei film da spiaggia o con i titoli parodistici.

Ma ebbe pure parentesi serie, lavorò con Maselli nei “Delfini” e con Lattuada in “Oh Serafina!”, oltre a una serie infinita di film comici senza pretese da domenica pomeriggio (platee piene, 90’ con intervallo e gelato) ma in cui Garinei era una garanzia comica, arrivando anche a comparire nel 2014 in “Don Matteo” in tv e con Scotti e la Scala in “Io e la mamma”. Certo la sua storia è tutta sui palcoscenici e sulle passerelle dei famosi teatri italiani, partendo dal Sistina che era la sua casa, ereditando dal fratello memorie e archivi, continuando col Lirico e l’oggi scomparso Nuovo a Milano. Non si contano i musical cui ha partecipato, sempre con un guizzo quasi surreale, dalla “Bisarca” del 50 con Billi e Riva, alle riviste con la Wandissima (“Gran Baraonda”), Rascel (“Tobia la candida spia”), Pagnani e Calindri (“La padrona di Raggio di Luna”) e poi l’irresistibile tombarolo monco di “Alleluja, brava gente”, fino ad “Accendiamo la lampada”, musical da mille e una notte con la coppia Dorelli-Guida. Da ricordare, soprattutto per il fattore umano, la sua partecipazione a uno show con Bramieri che era già molto malato ma voleva dar l’addio al suo pubblico e Garinei gli fece da spalla in “Riuscire a farvi ridere”.

E poi anche la prosa, quella brillante, con Bramieri, Marisa Merlini, la Mondaini, Bonagura, Montesano, Valeria Valeri e Paolo Ferrari, con la Colli in “Cielo mio marito!” e le riprese con Maurizio Micheli in “Un mandarino per Teo”. Fece anche parte di un trio di successo nel 60 con Delia Scala e Carletto Sposito che arrivò alla nazional popolare “Canzonissima” e poi fu in una miniserie di Falqui su Fracchia. Ma ebbe anche registi maestri, una comparsata con Visconti, poi Enriquez, Bolchi ed anche con il giovane regista Luca Ronconi nei “Lunatici”. Una vita spesa per il pubblico, nell’antico e vero senso della parola, ogni sera il suono particolare di una risata e di un applauso e del resto il titolo della sua autobiografia (“1926: io c’ero”, presentata da Maurizio Costanzo) racconta una lunga storia di innamoramento e amore con il pubblico.

25 agosto 2022 (modifica il 25 agosto 2022 | 11:58)