24 agosto 2019 - 22:15

Il pastore difende il lago del caso Moro, ma gli avvelenano i cani

Nello specchio d’acqua, tra i monti reatini, troppi pascoli lasciati allo stato brado: ecosistema stravolto. Intanto, più di 60 mila firme raccolte nella petizione per salvare il lago, promossa dalla Compagnia dei cammini 

di Peppe Aquaro

Il pastore difende il lago del caso Moro,  ma gli avvelenano i cani
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Ne ha viste tante Americo Lanciottti, 69 anni, in tutta la sua vita di pastore. Persino cose che con le greggi avevano poco a che fare. Perché qui, a 1800 metri d’altitudine, al Lago della Duchessa - nell’omonima Riserva, sotto il Monte Velino, nel Lazio reatino a due passi dall’Abruzzo -, un giorno d’aprile del 1978 si assistette ad uno spiegamento imponente di Forze di polizia per scoprire il corpo dello statista Aldo Moro, rapito dalle Brigate Rosse, un mese prima. Falsa pista e falso comunicato. Moro, in quei giorni, era ancora vivo e tenuto prigioniero nella Capitale.

«Certo che me la ricordo quella giornata: di sicuro, allora, il lago era in condizioni migliori rispetto a questi ultimi giorni”, dice Americo, al quale hanno ucciso recentemente otto cani che custodivano il suo gregge. “Ma in tutto me ne hanno fatti fuori ben ventiquattro, avvelenandoli”, aggiunge. Il motivo? Americo ha soltanto detto che il Lago della Duchessa sta scomparendo, il suo ecosistema si sta sfaldando. Perché sono troppi i bovini e gli equini lasciati nel lago per abbeverarsi (certo, come le oltre 200 pecore del pastore, ma che, dopo essersi dissetate, si allontano subito dalla riva). Cavalli e mucche, invece, vengono lasciati in acqua per ore, allo stato brado, abbandonando le oro deiezioni, quindi compromettendo l’habitat e le specie presenti. Tritoni e salamandre, per esempio, non ci sono più. 

“Se riesco a salvare il lago a favore delle prossime generazioni posso morire serenamente, altrimenti sarò un fallito”, è il grido di dolore di Americo. Che non è caduto nel vuoto, ma è stato raccolto dagli amici dell’associazione, Compagnia dei Cammini - della quale fa parte Il Cammino dei Briganti, il cui percorso di due giorni fa tappa proprio nella Riserva del Lago della Duchessa - nella petizione, “Io sto con Americo e con il Lago della Duchessa” (change.org/lagodelladuchessa) lanciata da Luca Gianotti, coordinatore della Compagnia dei Cammini. “Un’adesione importante, con più di 62 mila firme raccolte, e spontanea”, raccontano, e che vede coinvolti, tra gli altri, il Governatore della Regione Lazio, Nicola Zingaretti ed il professore Salvatore Moscatello, planctonologo dell’Università di Lecce. 

“Ho conosciuto Americo, una persona dal cuore grande: l’ho visto davvero commuoversi mentre parlava del ‘suo’ lago, nel quale ormai si è verificato un sovraccarico trofico, attraverso feci ed urine lasciate da un pascolo eccessivo e non regolamentato, che sta ossidando velocemente, e quindi privando dell’ossigeno, lo specchio d’acqua”, spiega Moscatello, impegnato in questi giorni nel Cammino dei briganti, lungo 100 chilometri e che ripercorre la via in cui un tempo si nascondevano i briganti, seguendo la linea di confine tra lo Stato Pontificio e quello borbonico. 

“La tutela del lago appartiene alla riserva della Duchessa, della Regione Lazio, ma per anni priva di un direttore responsabile: intanto, ci siamo rivolti all’Aduc (l’associazione che si occupa dei Beni di uso civico, ndr) di Sant’Anatolia, consegnando al presidente le firme della petizione”, spiega Luca Gianotti, coordinatore della Compagnia dei cammini e tracciatore del Cammino dei Briganti. “Cosa fare per salvare il Lago? All’Aduc dicono di aver ricevuto un finanziamento che permetterebbe di realizzare un passaggio nella Grotta dell’Oro all’interno della montagna Murolungo: in modo da ricavare una fonte d’acqua lunga undici metri”, aggiunge Gianotti, il quale ricorda come il problema non sia soltanto ecologico, ma anche economico: “Ogni anno, il Cammino dei briganti è frequentato da più di tremila persone, le quali utilizzano le strutture ricettive del territorio”.

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