20 giugno 2020 - 09:18

Morto Mario Corso, il mancino della Grande Inter: inventò la «foglia morta»

È scomparso il fenomenale mancino dell’Inter campione d’Europa e del mondo negli anni Sessanta: era il re delle punizioni a «foglia morta»

di Maria Strada

Morto Mario Corso, il mancino della Grande Inter: inventò la «foglia morta»
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Mario Corso, fenomenale mancino della Grande Inter campione d’Europa e del mondo negli anni Sessanta è morto a 78 anni, avrebbe festeggiato il 79° compleanno ad agosto. Da giorni era ricoverato in ospedale.

Nato a Verona nel 1941, nell’Inter militò dal 1957 al 1973 prima di trasferirsi al Genoa, dove chiuse la carriera nel 1975. Con la maglia nerazzurra collezionò 509 presenze, segnando 94 reti e vincendo quattro campionati nazionali, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. Dell’Inter fu anche allenatore nella stagione 1985-1986, subentrando all’esonerato Ilario Castagner e conducendo la squadra al sesto posto finale.

Talentuosa mezzapunta taciturna e ombrosa, tanto dominò con la squadra super titolata di Herrera, quanto fu escluso ed emarginato in Nazionale. Uomo dalla celebre punizione «a foglia morta», soprannominato anche « Piede sinistro di Dio», trequartista di grande intelligenza, a causa di aspri contrasti con il c.t. Edmondo Fabbri e di continui equivoci sul ruolo,non fu mai convocato per un Mondiale o un Europeo. Esordì nel 1961 contro l’Inghilterra, nello stesso anno firmò una doppietta contro Israele nelle qualificazioni ai Mondiali, ma fu escluso dalla deludente spedizione in Cile. Stessa dinamica per i Mondiali 1966 e per l’Europeo 1968 vinto in casa dall’Italia. Totalizzerà 23 presenze e 4 reti in dieci anni.

Nonostante le poche presenze e la poca considerazione con la maglia azzurra, fu candidato per tre volte al Pallone d’oro, classificandosi settimo nell’edizione 1964, e inserito tre anni più tardi dalla Fifa nella formazione «Resto del Mondo» per la partita d’addio del celebre portiere spagnolo Ricardo Zamora.

Di lui Pelé, il calciatore più forte del suo tempo, diceva esplicitamente che «lo avrebbe voluto nel suo Brasile: questo per far capire ai giovani la portata della classe del mio amico», è l’addolorato ricordo di Massimo Moratti, ex presidente nerazzurro. «Era il mio preferito della Grande Inter, ma anche mio padre lo adorava, e lui rimase sempre vicino alla nostra famiglia. Tecnica sopraffina, gioco in controtempo, le punizioni... Era un piacere vederlo giocare...».

Commossi i ricordi di Inter e Genoa su Twitter, che parlano di un «campione meraviglioso ed eterno». Javier Zanetti, altra bandiera nerazzurra, promette: «Ricorderò sempre tanti bellissimi momenti insieme». Roberto «Bonimba» Boninsegna lo paragona a Dybala: «Ho avuto fortuna di giocargli davanti: con quel piede lì mi ha fatto fare tanti di quei gol... Oggi lo si può paragonare a Dybala, stesse caratteristiche. Resta un grande giocatore, di quelli che hanno fatto grande la maglia nerazzurra». Non concorda un altro caro amico di Corso, Fabio Capello: «Un paragone solo perché mancino. Come lui ne ho visti pochissimi, anzi solo Roberto Baggio. Sensibilità e visione di gioco uniche, aveva le mani al posto dei piedi. Quando tirava lui tutta la Primavera si fermava per vedere come faceva».

Il presidente dell'Assoallenatori, Renzo Ulivieri, lo ricorda così: «Era di quella generazione lì, quella che faceva sognare i ragazzi: lui, Rivera, Mazzola, Boninsegna. Quella era la gente del sogno». Cordoglio anche dal sindaco di Milano, Beppe Sala, tra l'altro tifoso nerazzurro: «Oggi io ho perso un amico, una delle più belle persone che la vita mi ha fatto incontrare».

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