Il Gusto

Di madre in figlia: le cantine familiari e femminili del Nord Italia

Elena, Julia e Karoline Walch
Elena, Julia e Karoline Walch 
La prima tappa di un viaggio alla scoperta di quel versante del mondo del vino che non solo ha quasi dimenticato i pronomi maschili, ma che soprattutto racconta di legami di sangue, emozioni e generazioni che si rincorrono verso il futuro. 
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È un legame molto forte, quello tra mamma e figlia, ancor di più quando a far da collante non c’è solo il focolare domestico, ma anche una passione intensa che solo la natura è in grado di trasmettere. Lavorare la terra, la vigna in particolare, richiede un requisito principale: la pazienza. Una dote che alle donne non manca, perché siamo naturalmente “programmate” per generare e allevare. Sarà anche per questo, forse, che il passaggio generazionale di madre in figlia nel mondo del vino è generalmente ben riuscito, curato e definito nei minimi dettagli, dalla vigna ai mercati internazionali. Nel nostro Paese, le aziende vinicole a gestione femminile sono numerose, componendo un piccolo esercito di imprenditrici capaci di fondere famiglia e lavoro in modo virtuoso. Da nord a sud (isole comprese) gli esempi non mancano.  

In Alto Adige, la “signora del Gewürztraminer” Elena Walch ha fondato l’azienda che porta il suo nome alla fine degli anni Ottanta “dopo un percorso nel mondo dell’architettura. Vivendo a stretto contatto con la natura, in un ambiente rurale, ho deciso di lasciare la professione di architetto ed iniziare la mia storia vinicola. Ciò che mi stava molto a cuore era innanzitutto un'innovazione in vigna sia per la tipologia dei vitigni che per il sistema di allevamento. Dalla tradizionale pergola sono passata all’impianto a Guyot, cosa che 30 anni fa era una novità per la nostra zona. Non mi interessava la quantità, ma la qualità delle uve. Non ho mai cercato di convincere le mie due figlie a diventare vignaiole, entrambe avevano scelto di studiare all’estero finché è giunta una telefonata inaspettata in cui mi annunciavano che Julia, la maggiore si era iscritta ad un master vinicolo in Borgogna e Karoline, dopo gli studi di viticultura, si sentiva pronta a tornare. È stato un regalo bellissimo, oggi ci sono loro al timone dell’azienda”. 

Si accinge ad arrivare alla terza generazione al femminile l’azienda trentina Letrari, condotta da 35 anni da Lucia Letrari dopo il passaggio di testimone da mamma Vittoria: “Dopo aver conseguito il diploma enologico all’Istituto Agrario di S. Michele all’Adige - oggi fondazione Edmund Mach - mi sono subito affacciata al mondo viticolo ed enologico. La mia passione sono sempre state le bollicine ed oggi il Trentodoc rappresenta il mio mondo. Ne produco nove, il decimo è in arrivo, sono come figli per me. Oltre quindici anni fa ho ideato il Dosaggio Zero Riserva che ha visto la prima uscita dopo cinque anni sui lieviti e poiché non ne esistevano in zona lo volevo complesso ma elegante, raffinato e di carattere; ho pensato quindi alla cuvée di Chardonnay e Pinot Nero con un lungo affinamento che potesse regalare sapidità, mineralità ed eleganza come il mio territorio sa esprimere. Penso di esserci riuscita. Nei prossimi anni si affiancherà a me mia nipote che ora sta facendo il corso per coltivatori agricoli alla Fondazione E. Mach e poi mia figlia, che al momento sta ancora studiando”.

Hilde e Francesca Petrussa
Hilde e Francesca Petrussa 

Tre generazioni in rosa anche in Friuli, nell’azienda Vigna Petrussa passata negli anni ad una conduzione tutta al femminile. “Mia nonna Giuseppina, rimasta vedova nel 1964, decise di prendere in mano l’azienda apportando con grinta e tanta energia dei cambiamenti sia nella produzione che nella distribuzione dei vini. Hilde, mia madre, giunta ad un punto di svolta della sua vita, decise nel 1995 di lasciare il suo lavoro in altro campo per dedicarsi a tempo pieno all’azienda, introducendo a sua volta una nuova ondata di energia e di idee: l’inerbimento di tutta la superficie vitata, la risistemazione dei vitigni privilegiando le varietà autoctone, nuovi impianti con allevamento a guyot e l’aumento del numero di ceppi per ettaro. E poi ci sono io, Francesca, architetto e winemaker, due lavori creativi e passionali. Per non rompere la tradizione di famiglia ho deciso di dedicarmi a questa passione che ci accomuna, collaborando con un team composto all’80% da donne. Lavorare con mia madre è come riscoprirsi, ricreare un rapporto diverso, paritario e di grande complicita?”. 

In Veneto (ma anche in Toscana), la storica famiglia Allegrini mostra un volto femminile: “Mia madre Marilisa è ‘figlia d’arte’ – racconta Caterina Mastella Allegrini -. È stato suo padre Giovanni, quarant’anni fa, a volerla nell’azienda di famiglia nonostante il mondo agricolo fosse totalmente dominato allora dalle figure maschili. È stato un grande onore vederla lavorare con sacrificio e passione per far crescere le nostre aziende toscane Poggio al Tesoro a Bolgheri e San Polo a Montalcino. Ma la cosa più appassionante per me è lo sviluppo di Villa della Torre a Fumane di Valpolicella, azienda che coniuga eccellenza nella produzione di vino ma anche storia, arte, ospitalità. Con la caparbietà che la contraddistingue, mia madre sta lavorando per riportare all’antico splendore questa villa cinquecentesca ricca di fascino, opera dei maestri Giulio Romano e Michele Sanmicheli. E io sono al suo fianco, perché i miei studi accademici classici mi hanno dato grande sensibilità alla valorizzazione del mondo dell’arte, soprattutto quando si colloca in un contesto produttivo vitivinicolo di eccellenza”. 

Le donne della cantina Montelio 
Le donne della cantina Montelio  

È caratterizzata da una lunga storia familiare anche l’azienda lombarda Montelio, acquistata nel 1803 dal Monastero di San Senatore a Pavia, allora gestito dalle monache benedettine. “La storia al femminile si è espressa nelle ultime tre generazioni – spiega Caterina Brazzola -. Nonna Anna Maria, mamma Mirosa e noi due figlie Caterina e Giovanna. Ricordo la nonna, che chiudeva la porta ai clienti perché “se vendo il vino subito la cantina resta vuota”, la mamma che invece insisteva per farli entrare e noi due sorelle che ridevamo. Noi abbiamo proseguito ‘a meta?’’, in quanto abbiamo due figlie femmine e due figli maschi che rappresentano l’ottava generazione e portano avanti il percorso dell’azienda”. 

Il magico territorio di Gavi, in Piemonte, accoglie la storia de Il Poggio di Gavi e la giovane vita di Francesca Poggio che, compiuti 18 anni, decide di lasciare Milano per andare a vivere tra i boschi e le colline dove risiedeva il bisnonno Alfredo. “Dal 2003 ho preso in mano la cantina di famiglia, fondata da mia mamma Franca Odone. Ricordo che mi disse: “Sei sicura che non vuoi andare a lavorare in banca?”. Ero sicura. Sono partita con tanto entusiasmo, una cascina ricca di fascino e pochi ettari di vigna. Così è nato il Poggio di Gavi, azienda vitivinicola e Bed & Breakfast: due volti dell’accoglienza sulle colline vitate di Gavi che respirano l’aria di mare. Ufficialmente, il mio percorso è iniziato nel 2004 quando la cantina produceva solo 4 mila bottiglie. Oggi, ne produco più di 33 mila, esportate in quasi tutto il mondo. Ho iniziato quest’anno la conversione al biologico in vigna. È la mia scommessa sul futuro di mia figlia Giorgia, 22 anni, studentessa universitaria, che mi supporta in cantina e nell’accoglienza”.