29 giugno 2018 - 11:19

La lingua italiana è di moda a New York. Nuova scuola bilingue a Harlem

Sono più di 50 mila i ragazzi che studiano l’italiano negli stati di New York, New Jersey e Connetticut. E ora partono nuovi programmi di bilinguismo come quello di HArlem e Brooklyn.

di Maria Teresa Cometto

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«Italian is cool», l’italiano è una lingua bella, divertente e utile. E’ lo slogan con cui lo Iace, Italian American committee on education, da anni promuove la nostra lingua nelle scuole di New York e dintorni. E i risultati si vedono: negli ultimi cinque anni è più che raddoppiato - da 22.000 a 54.000 - il numero di ragazze e ragazzi che studiano l’italiano, dalle elementari al liceo, nei tre stati di New York, New Jersey e Connecticut.

Le due scuole bilingui

Ora cresce anche il numero dei programmi bilingue inglese/italiano, grazie a quelle che Francesco Genuardi, il console generale a New York, ha chiamato le «Tiger Moms» (mamme tigri) italiane per la loro tenacia e determinazione. E così il primo programma bilingue italiano-inglese a Manhattan inizierà il prossimo autunno nella scuola pubblica PS242, una «Magnet Academy» ad Harlem. Un altro programma bilingue è già al quarto anno presso la PS112 di Bensonhurst, a Brooklyn.

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Il racconto

In generale sempre più famiglie mostrano interesse per il bilinguismo italiano-inglese (l’insegnamento di tutte le materie meta’ tempo in italiano e meta’ in inglese): un terzo programma infatti è pronto per essere lanciato a Williamsburg, Brooklyn. E anche a Staten Island, il borough più popolato da italo-americani, si parla di una simile iniziativa. «Siamo convinte che il bilinguismo faccia bene alla crescita dei bambini sia dal punto di vista scolastico sia per il loro carattere e la loro apertura mentale - dice Stefania Puxeddu-Clegg, una delle organizzatrici -. Io mi sono trasferita a New York da Londra quattro anni fa quando mio figlio aveva cinque anni e da allora ho cercato, invano, una scuola pubblica che offrisse anche l’italiano». L’unica che lo faceva, la PS112 di Brooklyn, non aveva spazio: per il primo anno dell’asilo aveva ricevuto 242 richieste per soli 18 posti disponibili.

Partire dall’asilo

«Un’altra difficoltà - spiega Berardo Paradiso, presidente dello Iace - è che le giovani famiglie italiane immigrate a New York con figli piccoli non sono più concentrate in pochi quartieri, ma sono sparse per tutta Manhattan, Brooklyn e anche il Queens». Il che è un problema perché per far partire l’iter burocratico che porta all’apertura di un programma bilingue, a partire dall’asilo, le famiglie devono garantire la frequenza di una ventina di bambini fino alla quinta elementare. E se non vivono vicino alla scuola, non e’ semplice organizzare il pendolarismo nella Grande Mela.

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Dieci alunni italiani

Fra i requisiti per avviare un programma bilingue c’è che circa la meta’ dei 20 alunni abbia un genitore la cui lingua madre sia l’italiano. E dev’essere disponibile un maestro che parli entrambe le lingue e abbia tutti i numerosi certificati necessari per l’insegnamento all’infanzia. Stefania Clegg, in prima fila per questa campagna, e Benedetta Scardovi-Mounier (tre figli di quattro, sette e nove anni) stanno ancora reclutando famiglie interessate ad Harlem (per saperne di più potete scrivere a matteosmummy@gmail.com o bscardovi@gmail.com ). Mentre il Consolato italiano e lo Iace supportano il corso fornendo libri e risorse in italiano e finanziando una parte dello stipendio dell’insegnante bilingue.

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La squadra delle mamme Tigre

Anche l’Istituto italiano di cultura fa parte della «squadra» che promuove il bilinguismo: «E’ importante - dice il suo direttore Giorgio van Straten -, perché l’Italia e la sua cultura sono amatissime dai newyorkesi e in generale dagli americani, ma purtroppo l’italiano e’ ancora poco parlato». Per attirare più studenti lo Iace - organizzazione non profit che opera sotto la supervisione del Consolato generale italiano a New York con finanziamenti dal ministero degli Esteri (www.iacelanguage.org ) - lancia anche iniziative extra curriculum incentrate sul Made in Italy e le sue eccellenze, in collaborazione con i principali marchi italiani, come il programma «Mangia sano & parla italiano» a Eataly o «Disegna l’auto dei tuoi sogni» alla Ferrari. «Il nostro tipo di ‘marketing’ culturale - sottolinea Paradiso - contribuisce a far aumentare anche la propensione degli americani a comprare l’autentico Made in Italy. Ed è diventato un modello per tutti gli altri enti simili a noi nel mondo».

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