La crisi e il tempo che passa
Cosa serve davvero al Paese

La crisi e il tempo che passa Cosa serve davvero al Paese

La nostalgia è il sentimento comune di questi giorni. Nostalgia di leader che quando decidevano di aprire una crisi non cambiavano idea subito dopo, dichiarando di essere disponibili a tutto pur di restare al governo. Nostalgia di partiti con alleanze e programmi chiari, non formazioni pronte a ogni esperienza. La politica al tempo dei social network è così imprevedibile, così incoerente, così piena di giravolte e di proclami definitivi (che durano lo spazio di un mattino per lasciare il posto ad altri proclami altrettanto definitivi) da diventare indecifrabile.

In questi giorni decisivi per la sorte di una legislatura iniziata appena 15 mesi fa vale la pena non volgere lo sguardo al passato (non sempre migliore di oggi) ma ragionare sulla via di uscita da questa «pazza» crisi. Capire cosa serve a un’Italia alla perenne ricerca di un buon governo. Ci sono alcuni miti che è bene subito mettere da parte. Prima di tutto quello che l’eventuale alleanza tra Pd e Movimento Cinque Stelle sia un tradimento della volontà popolare. Dopo le elezioni del marzo scorso, che hanno certificato un’Italia tripolare senza nessuna maggioranza, non è stato un tradimento l’accordo sorprendente tra Salvini e Di Maio così come non lo sarebbe quello tra Di Maio e Zingaretti.

Se in Parlamento si forma una maggioranza solida essa ha piena legittimità, al di là del libero giudizio politico che ognuno può esprimere. È la ragione di fondo per cui il capo dello Stato ha concesso questi giorni di tempo: per permettere alle forze politiche di verificare se un nuovo governo sia possibile.

Questa verifica deve avere però alcuni passaggi non eludibili: che non sia tempo perso a lanciare slogan, tessere trame, saltare da un interlocutore all’altro in un gioco senza fine, indifferente ai programmi e alla coerenza politica. Dopo il naufragio del contratto, in cui ciascuno dei firmatari inseriva i propri desideri e le proprie illusioni, salvo poi combattere giorno per giorno per affondare quelli dell’altro, è necessario un patto serio, un programma condiviso e uomini eccellenti che lavorino a realizzarlo. Non c’è niente di peggio di un governo che nasca per evitare solo le elezioni e salvare il seggio dei parlamentari: in poche settimane sarebbe affondato dai conflitti e dalle ambizioni personali.

L’impresa è al limite dell’impossibile. Troppi contrasti, troppi rancori si sono accumulati in questo anno. Le difficoltà nel dialogo e le spaccature interne a Pd e M5S in queste ore ne sono la testimonianza evidente. Il lungo elenco di condizioni programmatiche rivela spesso due visioni dell’Italia e del mondo diversissime e interessi in conflitto. La cultura assistenzialista, antipolitica e nemica delle ragioni dell’impresa e della crescita è ancora tutta lì. Per non parlare di alcuni preoccupanti atteggiamenti che coinvolgono la vita degli italiani (vedi posizioni antiscientifiche come quella sui vaccini).

Sul fronte del Partito democratico convivono posizioni riformiste e vecchie concezioni stataliste ancora non superate. E soprattutto si combattono due anime in competizione. Gli scontri di Renzi con Zingaretti e Gentiloni lo dimostrano con chiarezza. La sinistra ha una tradizione antica di «fuoco amico», di governi affondati dai diversi leader in conflitto. Questi giorni ricordano, nel loro svolgimento, quelli di Prodi, D’Alema e Bertinotti. Senza un vero chiarimento interno, come è possibile affrontare un’impresa così ardua come l’alleanza con il Movimento Cinque Stelle?

Resta poi il convitato di pietra, Matteo Salvini, il leader che conserva ancora il più alto consenso tra gli italiani. Gli sbandamenti di questi giorni ne hanno offuscato l’immagine vincente, l’hanno riportato sulla terra dopo l’estate senza limiti del Papeete. Non sappiamo se l’offerta all’ultimo minuto rivolta ai Cinque Stelle, quel «dimentichiamo il passato e torniamo insieme» produrrà qualche effetto, oltre quello di permettere ai grillini di giocare su due forni. Certamente fa rileggere in modo nuovo l’apertura della crisi: se le ragioni erano così profonde da dover interrompere l’esperienza di governo in pieno agosto, come è possibile che tutto sia ribaltato in pochi giorni? Solo perché il blitz per le elezioni immediate è fallito? Tanti interrogativi, tante questioni che gli italiani si stanno ponendo in questo incredibile agosto politico. Vanno sciolti rapidamente con serietà, coerenza e amore per il Paese. Non abbiamo bisogno di un governo qualsiasi.

24 agosto 2019, 20:30 - modifica il 25 agosto 2019 | 10:15

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