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Sulla famiglia destra e sinistra in una battaglia dal sapore antropologico

Ansa/getty
Ansa/getty 

Il 15 maggio è stata la Giornata internazionale della Famiglia. Un'altra festa divisiva? Non ci si divide solo per il 25 aprile, infatti, e anzi si profila sempre maggiore polarizzazione anche su tale questione. Non solo in Italia, ma su scala mondiale, non tanto per questioni locali, ma per un clima di crescente radicalità, in gran parte legato alle cosiddette 'camere d'eco' del web. Nel merito, anche la famiglia, che sembrava una istituzione 'naturale', come recita la Costituzione all'articolo 29, è diventata terreno di scontro e contrapposte visioni. Inconciliabili? C'è da sperare proprio di no. 

Paradossalmente, nonostante noi si viva in un'epoca considerata post ideologica, destra e sinistra oggi si dividono anche sulla famiglia. Anzi, soprattutto sulla famiglia, considerando che la politica attuale, definita dal sociologo Ronald Inglehart, postmaterialista, si contrappone proprio su tali questioni, incluse le libertà civili, avendo in un certo modo archiviato quei diritti socioeconomici che invece rappresentavano l'agone principale negli anni '70.

Alla destra, che rivendica l'unicità della famiglia, o il primato di quella naturale, fondata sul matrimonio, e richiamata nella nostra Costituzione, si contrappone la sinistra liberal che la declina al plurale: le famiglie. Omogenitoriali e monoparentali, miste e poliamorose, agender, antispeciste, queer o allargate, come quelle recentemente richiamate da Michela Murgia nella sua lettera-confessione sul cancro.

Tanta confusione sotto il sole. Troppe fattispecie da prevedere anche per il diritto.

Si tratta, soprattutto, di una trasformazione radicale. Anche a sinistra. Negli anni '70, i proletari (di sinistra) si riconoscevano nella stessa famiglia (patriarcale) invocata dalla destra, dato che declinazioni più libertine erano viste come gli epifenomeni della decadenza borghese (basti richiamare l'atteggiamento del PCI contro Pasolini e i gay in genere). Gli intellettuali engagé o le femministe e gli stessi movimenti gay (ai primordi) consideravano la famiglia una istituzione borghese da demolire. Non c'era l'ambizione di rivendicare nuove famiglie, quanto promuoverne il suo superamento o abbattimento. Oggi 'le nuove soggettività', come si direbbe a sinistra, rivendicano le 'altre famiglie', allargando e richiamando il termine originale. In una battaglia quasi dal sapore antropologico: dalla famiglia naturale a quella culturale. Insomma, una battaglia politica non più sul campo economico delle relazioni reali, ma su quello teorico delle scienze sociali e della identità percepita. Dal socialismo di fabbrica a quello dei campus progressisti americani. 

Al di là del merito, dove ognuno si può fare la sua idea, quel che è certo è che non esistono politiche a somma zero. La coperta è troppo corta per prevedere benefici fiscali per coppie gay, magari composte da maschi, che generalmente hanno, purtroppo, redditi superiori alle donne, e prebende per sostenere la natalità. Anche sostenere la natalità rischia di disincentivare la partecipazione femminile al mercato del lavoro. Per carità di patria, non ci addentriamo nella polemica sulla gestazione per altri, che rischia di diventare una nuova guerra di religione. Quel che è certo è che anche la famiglia o le famiglie saranno sempre più terreno di scontro politico. 

E che le principali leader di destra e sinistra, Meloni e Schlein, siano speculari e opposte su tale questione, non è un caso. 

Prepariamoci all'elmetto anche sulle famiglie. Intanto, buona festa dell* famigli*. Singolare o plurale?

 
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