Ex Ilva, il Consiglio Stato: no alla chiusura. Sindaco: battaglia continua

di Cesare Bechis

Rinaldo Melucci aveva disposto il blocco delle emissioni inquinanti in modo da rimuoverne le criticità. Giorgetti: «Avanti con il piano industriale». Gli ambientalisti si oppongono: «Ancora una volta giustizia negata. Non c’è futuro per al fabbrica»

L’ex Ilva non chiuderà. Almeno non come disposto dal Comune di Taranto. Infatti, con la sentenza 4.802 del 23 giugno 2021, la Sezione IV del Consiglio di Stato (accogliendo gli appelli di Arcelor Mittal Spa e di Ilva Spa in amministrazione straordinaria) ha annullato l’ordinanza 15 del 27 febbraio 2020, con cui il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, aveva ordinato loro, nelle rispettive qualità di gestore e proprietario dello stabilimento siderurgico «ex Ilva», di individuare entro 60 giorni gli impianti interessati da emissioni inquinanti e rimuoverne le eventuali criticità, e qualora ciò non fosse avvenuto di procedere nei 60 giorni successivi alla «sospensione/fermata» delle attività dello stabilimento (soluzione già adottata a marzo 2020).

La motivazione: «Non c’è l’urgenza»

Secondo il giudice amministrativo il potere di ordinanza d’urgenza del sindaco di Taranto è stato esercitato in assenza dei presupposti di legge. È per questo che il Consiglio di Stato ha annullato l’ordinanza. «Non sono emersi fatti - è scritto nella sentenza - tali da evidenziare e provare adeguatamente che il pericolo di reiterazione degli eventi emissivi fosse talmente imminente da giustificare l’ordinanza contingibile e urgente, oppure che il pericolo paventato comportasse un aggravamento della situazione sanitaria nella città di Taranto, tale da indurre ad anticipare la tempistica prefissata per la realizzazione delle migliorie dell’impianto».

La vicenda

Nell’udienza del 13 maggio scorso la sentenza del Tar di Lecce del 13 febbraio scorso accoglieva l’ordinanza del sindaco di Taranto che disponeva la fermata dell’area a caldo inquinante entro sessanta giorni. La decisione dei giudici amministrativi viene così annullata. Le motivazioni della sentenza del Consiglio di Stato sono contenute in un documento di sessanta pagine nelle quali, tra l’altro, è scritto che “il potere di ordinanza non risulta suffragato da un’adeguata istruttoria e risulta, al contempo, viziato da intrinseca contraddittorietà e difetto di motivazione».

Il ministro Giorgetti: «Avanti con il piano industriale»

«Alla luce del pronunciamento del Consiglio di Stato sull’ex Ilva, che chiarisce il quadro operativo e giuridico, il governo procederà in modo spedito su un piano industriale ambientalmente compatibile e nel rispetto della salute delle persone». Lo afferma il ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti. «L’obiettivo - aggiunge il ministro - è rispondere alle esigenze dello sviluppo della filiera nazionale dell’acciaio accogliendo la filosofia del Pnrr recentemente approvato».

I sindacati: scongiurata la chiusura

«Tiriamo tutti un sospiro di sollievo in quanto non viene chiusa l’area a caldo, che avrebbe significato la chiusura totale dello stabilimento. La chiusura anche dei siti di Genova e di Novi Ligure, con decine di migliaia di dipendenti senza più posto di lavoro». Lo ha affermato il segretario generale della Fim Cisl, Roberto Benaglia, in merito alla sentenza del Consiglio di Stato che ha ribaltato la decisione del Tar. «Finisce - ha aggiunto - una fase di incertezza ma la questione non si risolve oggi perché siamo di fronte a mancati investimenti, a mancate manutenzioni, siamo di fronte al fatto che il Governo sta entrando nella gestione ma è ancora tutto sospeso. Diciamo che è arrivato il momento di recuperare il tempo perso e di lavorare su tre temi: investimenti, tenuta dell’occupazione e sicuramente transizione ecologica».

Gli ambientalisti non ci stanno

«Ancora una volta viene quindi negata giustizia a Taranto, nonostante la sentenza del Tribunale amministrativo di Lecce avesse emesso una sentenza con opportuni richiami a precedenti espressioni dello stesso Consiglio di Stato. Un giudizio che, alla luce delle nuove evidenze scientifiche e sanitarie che sottolineano ancora eccessi di mortalità e di malattie correlate agli inquinanti immessi dall’impianto siderurgico sul nostro territorio, non esitiamo a giudicare, come sempre, sbilanciato verso la produzione e il profitto piuttosto che la vita». Così una sessantina di associazioni e movimenti ambientalisti di Taranto, Abruzzo, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Toscana e Veneto, a commento della decisione del Consiglio di Stato che ha annullato l’ordinanza del sindaco Rinaldo Melucci. «Investire sui prodotti invece che sul capitale umano - osservano le associazioni - è una strategia economicamente perdente, politicamente miope e retrograda, foriera di ulteriori fallimenti economici e sociali cui la nostra comunità non intende arrendersi. Tuttavia, nonostante questa battuta d’arresto, la battaglia che conduciamo da anni non si ferma ed ha ancora svariati e fondati motivi per essere combattuta e vinta». Secondo gli ambientalisti, tra cui Giustizia per Taranto, Legamjonici, Peacelink e Ail, «i fantomatici piani del Governo per l’ex-Ilva restano assai precari».

Le altre reazioni

«Pur se non condivise, le sentenze della magistratura vanno rispettate. Certo - sostiene Patty L’Abbate, senatrice M5S e componente della commissione Ambiente - resta la perplessità quando si elude il problema del danno sanitario, già confermato da diversi studi scientifici e dalla recente sentenza della Corte d’assise del tribunale di Taranto. Questo continuo e travagliato contenzioso nelle aule della giustizia conferma ancora una volta l’urgenza, non più rinviabile, della transizione ecologica per il siderurgico. Occorre quindi decarbonizzare, mettere in sicurezza, porre in essere tutte le strategie necessarie alla tutela della salute dei cittadini. In tutti questi anni il problema dell’ex Ilva è sempre stato sotto gli occhi di tutti ma, purtroppo, non si è stati capaci di creare un piano a lungo termine per rimediare al danno ambientale. Ora si lavori celermente e senza indugi a una soluzione immediata e necessaria, che contempli ristori sanitari, ambientali e infrastrutturali per la comunità, per i lavoratori e per l’indotto». «Bene, ma quando il più grande impianto industriale del Sud diventa un problema giudiziario il destino è segnato. Una sola domanda: da ogni punto di vista Ilva stava meglio con il contratto Mittal in vigore o oggi dopo averlo fatto saltare per compiacere la Lezzi? Il resto è fuffa». Lo scrive su Twitter Carlo Calenda, leader di Azione, ed ex ministro dello Sviluppo Economico.

23 giugno 2021 ( modifica il 24 giugno 2021 | 06:42)

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