29 maggio 2020 - 08:33

Coronavirus Lombardia, commissione d’inchiesta a porte chiuse e con gli atti secretati

Scandella (Pd): «Si assolveranno». Prima seduta l’8 giugno, le decisioni della neo presidente Baffi dopo la contestata elezione con i voti del centrodestra

di Fabio Paravisi

Coronavirus Lombardia,  commissione d'inchiesta a porte chiuse e con gli atti secretati Giulio Gallera e Patrizia Baffi
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Sedute ogni lunedì e a porte chiuse, atti e verbali secretati, una presidente che parte dicendo «le mie dimissioni non sono in discussione» e le minoranze che non parteciperanno «a meno che non cambi qualcosa», cioè le dimissioni della suddetta presidente. I lavori della Commissione regionale d’inchiesta sull’emergenza Covid-19 sono iniziati ieri con la riunione dell’ufficio di presidenza e la fissazione della prima seduta l’8 giugno: sarà sentito l’assessore al Welfare Giulio Gallera.

«Non è una commissione ma un’autoassoluzione: la maggioranza si è scelta il controllore vincolando così un lavoro che rischia di essere utile a scrivere solo la versione che fa comodo». Il pd Jacopo Scandella, che in quanto consigliere di minoranza e residente della Val Seriana era da un mese il candidato in pectore per la presidenza, boccia di nuovo l’elezione della renziana Patrizia Baffi con i voti della maggioranza. «Io avevo detto che Scandella mi stava bene, ma poi il Pd ha votato la mozione di sfiducia a Gallera: avevano già tratto le loro conclusioni, come potevo dargli la presidenza?», ribatte il capogruppo leghista (e membro della commissione) Roberto Anelli da Alzano. «Da un mese Baffi era stata avvicinata dalla Lega e le aveva offerto la presidenza — incalza Scandella —. Non credo invece all’ipotesi di voto di scambio con Iv su Salvini». La scelta dell’altro giorno ha scavato un solco tra maggioranza e minoranza in Regione che diventerà ogni giorno più profondo. Oggi Pd e Cinquestelle, che diserteranno la commissione, si riuniranno per organizzare un’inchiesta parallela basata sulla richiesta degli atti: «Li chiediamo da mesi senza esito, se continuano così solleciteremo i prefetti», promette Scandella. «Se loro non presiedono, non partecipano — replica Anelli —: faranno l’ennesima figuraccia».

La presidenza a Scandella sembrava scontata:«Era un segnale di garanzia e il riconoscimento di ciò che la Bergamasca ha subito», spiega il dem, che aveva previsto sedute il più possibile pubbliche e aveva tracciato i temi da approfondire, dall’ospedale di Alzano alle zone rosse, dalla catena di comando nelle fasi più acute all’«impreparazione sui dispositivi di protezione». Anelli riconosce che qualcosa di più si poteva fare: «Si è pensato che la Cina fosse lontana e il virus non sarebbe arrivato. Se si fossero fatti i test già a dicembre o gennaio quando i medici segnalavano tante polmoniti atipiche ci saremmo mossi prima». Anche perché secondo Anelli «i medici si sono ammalati in quella fase e il virus nelle case di riposo l’hanno portato i parenti dei ricoverati che non sapevano di essere infetti».

«Tante cose si possono capire solo studiando gli atti — precisa Scandella —: l’inizio lacunoso, l’incapacità di tracciare i contagiati, la cura domiciliare, le Usca che dovevano essere 200 e che sono rimaste 48. E i tamponi: con la chimica e i laboratori che ci sono in Lombardia difficile capire come mai se ne processino solo 15 mila al giorno». Anelli ammette che bisogna ripensare il sistema dei medici di base: «Anche se c’era chi lavorava 14 ore al giorno e chi faceva prescrivere i farmaci alla segretaria. Sulla territorialità la riforma è incompiuta. Ne discuteremo in commissione ma senza colpevolizzare nessuno». Resta aperta la questione politica: «Parte della Lega voleva il dialogo, ha vinto chi voleva dare uno schiaffo a Pd e M5S — conclude Scandella —. La scelta fatta è sbagliata anche per loro: li fa passare per quelli che hanno molto da nascondere. C’è gente che ha votato Fontana e lo rivoterà, ma che vuole chiarezza e la capacità di imparare dagli errori. Invece è stato scelto di non fare una commissione seria».

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