28 aprile 2020 - 13:17

Coronavirus Germania, aumenta l'indice di contagio: doccia fredda sulla ripartenza

Il cosiddetto R0 che definisce il numero di persone infettate da ogni ammalato di Covid-19, è tornato negli ultimi due giorni vicinissimo alla soglia critica — 1 ieri, 0,96 oggi — dopo essere sceso fino a 0,7 due settimane fa. Nel Paese vivo dibattito sulle riaperture, difficile il coordinamento tra i Land. Merkel per la cautela

di Paolo Valentino, corrispondente da Berlino

Coronavirus Germania, aumenta l'indice di contagio: doccia fredda sulla ripartenza
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Subisce una battuta d’arresto, anzi fa un passo indietro il cammino della Germania fuori dal tunnel del Coronavirus. Mentre si intensificano il dibattito e le polemiche sul ritmo delle riaperture, il tasso di contagio, il cosiddetto R0 che definisce il numero di persone infettate da ogni ammalato di Covid-19, è tornato negli ultimi due giorni vicinissimo alla soglia di 1: per l’esattezza, 1 ieri, 0,96 oggi, dopo essere sceso fino a 0,7 due settimane fa. Lo annuncia il Robert Koch Institut (RKI) nel suo rapporto quotidiano sullo stato della pandemia, che in Germania ha superato la barra di 160 mila casi di contagio e 6 mila decessi.

Dal punto di vista statistico, significa che il corso dell’epidemia rimane costante, con un numero pressoché identico di guariti e nuovi contagiati o morti. È un dato preoccupante che rafforza la posizione di quanti, in testa la cancelliera Angela Merkel e gli esperti del RKI, si battono per una maggiore cautela nei piani di progressiva eliminazione delle misure restrittive sulla società e sull’economia, in contrasto con le pressioni per un’accelerazione che vengono dai Laender.

Secondo alcuni esperti, sarebbe stato proprio l’effetto di annuncio delle riaperture dei piccoli negozi e delle scuole iniziate lunedì scorso, accompagnato al bel tempo degli ultimi giorni, ad allentare la disciplina della popolazione e a portare molta più gente nelle strade, con il risultato di aumentare le occasioni di contagio. «Le persone devono rimanere ancora il più possibile a casa se vogliamo difendere i nostri successi comuni», ha ammonito il direttore del Koch Institut, Lothar Wieler, sottolineando il risultato positivo di 119 mila guariti.

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Anche la cancelliera è intervenuta, insistendo che è fondamentale riportare l’R0 sotto 1 in modo stabile e sostenibile, se si vuole vincere il Coronavirus. Ma il dibattito sulle riaperture infuria non meno che in Italia. A complicarlo è il fatto che il sistema federale tedesco, provvidenziale nella prima fase quando si trattava di modulare le misure in base alla gravità della situazione Land per Land, rende difficile il coordinamento nella fase della ripartenza, producendo differenze e asimmetrie che sono problematiche anche per l’economia. A centrare il cuore del problema è stato, con la solita onestà intellettuale, il presidente del Parlamento ed ex ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, secondo il quale «è assolutamente sbagliato subordinare tutto alla salvaguardia della vita umana» poiché il valore principale ancorato nella Costituzione tedesca è la «dignità delle persone», definita «intoccabile». E questo, secondo Schaeuble, «non esclude che dobbiamo morire». In ogni caso, in quella che è apparsa come una critica indiretta alla cancelliera, il presidente del Bundestag ha ammonito a «non lasciare le decisioni interamente nelle mani dei virologi», ma di «tenere conto di tutte le implicazioni economiche, sociali e psicologiche».

Uno dei primi a dirsi d’accordo con Schaeuble è stato il premier del Nord Reno-Vestfalia, Armin Laschet, uno degli aspiranti alla successione ad Angela Merkel e capofila dei leader regionali che vogliono un ritorno accelerato alla normalità. Nel frattempo, il ministro della Salute, Jens Spahn, ha invitato i Laender, competenti per il sistema sanitario, a ridurre dall’attuale 50% al 25% la percentuale di posti di terapia intensiva riservati ai malati da Covid-19 negli ospedali. L’andamento della pandemia, secondo Spahn, consente a partire da maggio di tornare a usare una parte di quei letti per altri tipi di interventi chirurgici, di fatto sospesi nell’ultimo mese.

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