20 febbraio 2021 - 12:48

Mauro Bellugi morto a 71 anni. Aveva subito l’amputazione delle gambe per il Covid

L’ex difensore dell’Inter aveva subito l’amputazione per le conseguenze del Covid, sabato il peggioramento dopo un’infezione

di Monica Colombo

Mauro Bellugi morto a 71 anni. Aveva subito l'amputazione delle gambe per il Covid
shadow

La tragica notizia è arrivata sabato mattina, dopo che le condizioni di Mauro Bellugi erano peggiorate negli ultimi giorni in seguito a un’infezione. L’ex leggendario difensore dell’Inter, intubato da venerdì, è spirato all’ospedale Niguarda di Milano dove era ricoverato da novembre. Il Covid, le complicazioni legate all’anemia mediterranea, le ischemie agli arti inferiori come crudele conseguenza, l’amputazione di entrambe le gambe. Aveva compiuto 71 anni il 7 febbraio.

La sua storia aveva commosso l’Italia, così come la sua volontà ferrea di riprendersi: era stato ricoverato il 4 novembre, dopo essere risultato positivo al coronavirus. Poi era stato purtroppo colpito da trombosi che avevano costretto i medici ad amputargli, il 13 e il 20 novembre, entrambe le gambe. Lascia la moglie Lory che lo ha accudito in questi mesi e ha raccontato la terribile esperienza della malattia, di cui però Mauro riusciva anche a scherzare, e una figlia, Giada.

«Prenderò le protesi di Pistorius», diceva l’ex nerazzurro a dicembre quando era diventata pubblica la sua odissea e l’accanimento del destino, con quello spirito e quella forza d’animo che tanti avevano ammirato.«Mi hanno tolto anche la gamba con cui ho segnato al Borussia», un’altra battuta per ricordare il suo unico gol realizzato in carriera: lo segnò con l’Inter (squadra alla quale era rimasto sempre molto legato, tanto che Massimo Moratti si era offerto di pagargli le protesi) nella Coppa dei Campioni del 1971-’72 contro il Borussia Monchengladbach, partita vinta per 4-2. «Volevo denunciare il dottore, che peraltro era interista — disse scherzando con l’atteggiamento di chi intende aggredire la vita e non subirla —. È stato il mio unico gol, anche perché una volta i ruoli erano più fissi, ogni volta che salivo Suarez, Corso e Mazzola mi rimandavano subito indietro. Ai miei tempi dovevi marcare grandissimi attaccanti, non avevi tempo per pensare ad altro».

Sembrava che le cose stessero andando meglio e che Bellugi — che in carriera ha giocato anche con Bologna, Napoli e Pistoiese, oltre che in Nazionale, dove ha totalizzato 32 presenze partecipando ai Mondiali del ‘74, senza mai giocare, e del ‘78 — potesse tornare alla vita normale: non tralasciava nemmeno il proposito di guidare ancora l’auto. Con la moglie Lory si informava dei modelli che avessero i sensori sul volante. Aveva programmato di recarsi al centro specializzato di Budrio, che aveva seguito in passato anche Zanardi.

L’Inter, poi, gli aveva offerto un ruolo in società. Lo racconta l’ad Beppe Marotta: «Ho avuto modo di sentirlo la settimana scorsa, pur avendo perso gli arti inferiori aveva un entusiasmo eccezionale e una grande voglia di essere ancora protagonista. Tant’è che gli avevamo dato l’incarico di osservatore, “guarda per noi più partite possibili”, gli avevo raccomandato. Lui però mi aveva confessato la sua tristezza dietro quell’infinito coraggio. “Sai — aveva detto — per un calciatore perdere le gambe è come per un pianista perdere le mani”». Questo però non aveva scoraggiato Bellugi che a Tiki Taka aveva raccontato parte dei suoi propositi per il futuro: «Appena esco e avrò le protesi e riuscirò a camminare da solo, andrò a trovarli — aveva raccontato lui —. Ho giocato anche con Bologna e Napoli ma la mia famiglia è stata l’Inter, l’Inter è nel cuore».

Invece, con il Covid, non sempre volere è potere. Non è mai riuscito a tornare a casa, era rimasto sempre ricoverato all’ospedale Niguarda. L’ultima volta che parlò con il Corriere davanti alla richiesta di realizzare un breve video per il web al fine di salutare e tranquillizzare i tifosi replicò: «Ho una barba lunga di settimane, si spaventerebbero anche i miei familiari».

Muore alla vigilia del derby, la partita che più di ogni altra non si sarebbe perso. Ma chissà che baccano farà con Peppino Prisco. L’Inter lo ricorderà con il lutto al braccio: «Ringrazio la Lega che ci ha consentito di ricordarlo nell’unico modo possibile, nella partita che è stata tante volte cruciale nella sua carriera e che da lassù gli spiacerà non poter seguire da vicino — il commento di Marotta —. Giocheremo col lutto al braccio e sarà osservato un minuto di silenzio prima della gara».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT