11 ottobre 2018 - 22:16

Nel decreto per il terremoto di Ischia
il condono tombale delle case abusive

Il governo consente di intervenire in deroga «purché le costruzioni non siano totalmente abusive» e offre pure un «contributo fino al 100%» per ricostruire

di Gian Antonio Stella

Nel decreto per il terremoto di Ischia il condono tombale delle case abusive
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«Quod non fecerunt furbini, fecerunt grillini». La feroce «pasquinata» sui danni fatti a Roma dai barbari e dai Barberini merita un ritocco partenopeo. Il decreto su Ischia infilato dentro quello su Genova contiene infatti un condono che nessuno aveva osato fare. Compreso un «contributo fino al 100 per cento» per sistemare le case crollate «non totalmente abusive». Là dove già prima non dovevano stare.

Lentezze e ritardi

Sia chiaro: le lentezze con cui sono stati affrontati i disastri lasciati dal terremoto di Casamicciola di un anno fa non possono essere addebitati solo al caos di una campagna elettorale interminabile e di un contorto avvio di un nuovo governo. E lo sfogo di Luigi Di Maio in visita sull’isola meno di due mesi fa («I cittadini di Ischia sono stati trattati come terremotati di serie C») aveva le sue buone ragioni. Dicendo agli ischitani «ora avete un governo amico», però, il vicepremier si era avventurato su un terreno scivoloso.

Rischio sismico e idrogeologico

Ischia, reduce da secoli di terremoti a volte devastanti come quello che nel 1883 uccise nel paese di Casamicciola 2.333 persone (tra le quali com’è noto il padre, la madre e la sorella di Benedetto Croce lì in vacanza) e distrusse 537 edifici su 672, è un’isola bellissima ma esposta ai capricci più violenti della natura. Non solo a un altissimo rischio sismico (prima dello scossone del 1883 ce ne erano stati nel 1881, 1828, 1796 e altri ancora dall’antichità) ma anche idrogeologico. Anzi, secondo Legambiente «è uno dei territori in Italia maggiormente a rischio frane».

Case fuorilegge

Eppure, con una cecità difficilmente comprensibile fra gli abitanti più poveri e abituati ad «arrangiarsi» ma inaccettabile e talvolta criminale tra i sindaci, gli assessori, gli architetti, i geometri, i vigili urbani che avrebbero dovuto intervenire bloccando via via i cantieri, gli edifici abusivi si sono moltiplicati nei decenni fino a dar vita a una situazione esplosiva. Al punto che otto anni fa, furenti con quei politici che avevano a loro avviso «tradito» la promessa di nuove sanatorie, un gruppo di proprietari di case fuorilegge si spinse ad affiggere sui muri un necrologio: «La politica dominante è morta! Dopo sessant’anni di coma vegetativo, ne danno il triste annuncio i cittadini “abusivi” tutti. Le esequie si terranno in forma privata presso i seggi elettorali…». Titolo: «Sulla scheda elettorale scrivi: “voto abusivo!”».

I passati condoni

Ecco, in questo contesto di migliaia di abusi, saliti giorno dopo giorno a un totale di 28.000 per 64.115 abitanti (più di uno a famiglia), gli ambientalisti e non solo loro avevano trovato saggia la scelta della Regione Campania, allora governata da Antonio Bassolino, di mettersi il più possibile di traverso al condono «azzurro» del 2003. Non solo perché le analisi costi-benefici hanno provato con accecante chiarezza che i vari oneri di urbanizzazione finiscono per costare il triplo di quanto incassato dai condoni. Ma perché la Campania, da Ischia a Sarno, dai Campi Flegrei all’Area rossa vesuviana invasa dall’abusivismo è un territorio ancora più a rischio del resto d’Italia.

La sentenza

Una scelta di prudenza, per quanto spesso violata, ribadita per anni con la bocciatura di ripetuti tentativi legislativi dei «furbetti dell’abusino» di allargare le maglie. Scelta approvata anche dalla magistratura che, in una sentenza del Consiglio di Stato del febbraio scorso, come ricordano gli ambientalisti, ha ribadito il «divieto di accedere al condono del 2003 per gli edifici ricadenti in aree a vincolo parziale e assoluto, come è il caso di Ischia».

Le demolizioni

Come la pensino molti grillini, soprattutto delle aree più esposte alla illegalità, lo spiegò Di Maio nella campagna elettorale siciliana: «Ciò che la magistratura dice di abbattere, si butta giù. Ma non puoi voltare le spalle a quei cittadini che oggi si ritrovano con una casa abusiva a causa di una politica che per anni non ha fatto il suo dovere, cioè piano casa e piani di zona». Per dare un’idea di cosa significa «buttar giù» a Ischia: già prima del condono del 2003 le demolizioni eseguite a partire dal 1988 («Hanno costruito in prossimità di scarpate, di zone sismiche, di zone franose», denunciò per anni il giudice Aldo de Chiara) risultavano essere 22. Su 2.922 abbattimenti ordinati dalla magistratura con sentenza esecutiva e inappellabile. Lo 0,75 per cento.

Il decreto giallo-verde

Bene: il decreto attuale per Ischia, dice Legambiente, «è un condono tombale». Lo stesso Silvio Berlusconi (odiato dai grillini) non osò né nella prima sanatoria edilizia del ‘94 né in quella del 2003 andare oltre certi limiti. Quella del 2003, per dire, conteneva dei paletti dettati dal Codice dei beni culturali. Cosa fa invece il decreto del governo giallo-verde? Nell’articolo 25 spiega che «per la definizione delle istanze di cui al presente articolo», cioè le richieste degli ischitani, «trovano esclusiva applicazione le disposizioni di cui ai Capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47». Traduzione di Legambiente: «Le sanatorie del 1994 e del 2003 pongono dei limiti molto più restrittivi rispetto a quella del 1985». Sia sulle cubature sia sulla tassativa esclusione dal condono degli immobili realizzati in aree di vincolo paesaggistico o culturale.

La deroga

Di più: il decreto (inserito dentro quello per Genova, come le vecchie volpi dicì infilarono un grande appalto stradale in un decreto sulle arance invendute in Sicilia) spiega che «al fine di favorire il rientro nelle unità immobiliari e il ritorno alle normali condizioni di vita e di lavoro nei Comuni interessati dagli eventi sismici» gli interessati a «interventi di immediata riparazione di carattere non strutturale» possono muoversi «anche in deroga all’articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio». In deroga! Il tutto «purché le costruzioni non siano state interessate da interventi edilizi totalmente abusivi per i quali sono stati emessi i relativi ordini di demolizione, allegando o autocertificando quanto necessario ad assicurare il rispetto delle vigenti disposizioni». Sperando che le autocertificazioni siano oneste…

Sanatoria

A farla corta, accusa Legambiente, «se la norma verrà approvata si destineranno rilevanti risorse pubbliche per la ricostruzione di edifici abusivi che diventano sanabili solo in forza del condono del 1985, nonostante siano posti in aree a rischio idrogeologico e sismico rimanendo in condizioni di rischio». Passerà così com’è in Parlamento questa sanatoria «neo-craxiana»? Vedremo. Tra i grillini stessi, però, i mal di pancia non sono pochi…

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