24 giugno 2020 - 09:53

Morto Alfredo Biondi, ex ministro della giustizia. Suo il decreto che fermava gli arresti per Mani Pulite

Fu esponente del partito liberale, aderì a Forza Italia e fece parte del primo governo Berlusconi

di Claudio Del Frate

Morto Alfredo Biondi, ex ministro della giustizia. Suo il decreto che fermava gli arresti per  Mani Pulite
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È morto Alfredo Biondi, storico leader del Partito liberale e poi tra gli esponenti di punta di Forza Italia. Era nato il 29 giugno del 1928, quindi avrebbe compiuto 92 anni lunedì prossimo. Vicepresidente della Camera, era stato ministro della Giustizia del primo governo Berlusconi. Pisano di nascita, genovese d’adozione, Biondi è stato una figura «ponte» tra la prima e la seconda repubblica. Debuttò come deputato alla Camera nel 1968 sui banchi del Partito liberale, di cui fu anche segretario tra il 1985 e il 1986. In quello stesso periodo fu ministro in uno dei governi di Amintore Fanfani (politiche comunitarie) e nel primo governo Craxi (ecologia).

Il salto di qualità avviene però con la seconda repubblica: Biondi è tra i primi ad aderire al progetto politico di Silvio Berlusconi del Polo delle libertà ed entra in parlamento nel 1994 . Diventerà componente dell’esecutivo ricoprendo il ruolo chiave di ministro della giustizia. Verrà sempre rieletto fino al 2008, passando al Senato nell’ultima legislatura.

Il nome del defunto ministro è legato al decreto che porta il suo nome e che, in piena stagione di Mani Pulite, interveniva cancellando la custodia cautela in carcere per il reato di corruzione e rendeva segreta l’informazione di garanzia fino all’atto di conclusione delle indagini. Il 13 luglio in consiglio dei ministri approda il cosiddetto «decreto Biondi». Il guardasigilli distribuì a tutti i presenti il testo e Berlusconi, secondo le ricostruzioni giornalistiche disse «O passa all’unanimità o lo ritiro». Il provvedimento passò in tutta fretta senza opposizioni, complice - secondo un malizioso retroscena - il fatto che proprio quella sera era in programma la semifinale Italia-Bulgaria ai Mondiali di calcio Usa.

Il decreto Biondi ha come primo effetto la scarcerazione di circa 2000 persone che erano in custodia cautelare in carcere (tra cui l’ex ministro De Lorenzo, ex collega di partito del guardasigilli). Il provvedimento è all’origine anche del primo scontro tra Forza Italia e Lega: Roberto Maroni, allora ministro dell’interno sconfessa il decreto sostenendo che a lui era stata fornita una versione differente al testo poi approvato. La bufera esplode: il pool Mani Pulite di Milano minaccia di dimettersi leggendo un comunicato in diretta tv, emergono forti perplessità all’interno della stessa maggioranza e alla fine il decreto Biondi avrà vita breve. Il 21 luglio, anche sull’onda dell’indignazione popolare, viene bocciato alla Camera a larghissima maggioranza (418 no, 33 sì e 41 astenuti).

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