28 luglio 2020 - 01:48

Addio all’artista Gianrico Tedeschi: divenne attore di teatro in un lager

Milanese, aveva compiuto 100 anni in aprile. Una lunghissima carriera, dai testi brillanti a quelli impegnati, iniziata con l’Enrico IV di Pirandello nel campo di prigionia dove lo avevano spedito i fascisti perché non aveva aderito alla repubblica di Salò

di Maurizio Porro

Addio all'artista  Gianrico Tedeschi: divenne attore di teatro in un lager
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Non si può ricordare Gianrico Tedeschi, il grande attore nato a Milano in via san Gregorio e morto il 27 luglio dopo aver superato la soglia dei cent’anni, senza un sorriso, senza dire sottovoce grazie. Non perché Tedeschi, nel corso di una lunghissima carriera iniziata pirandellianamente con Enrico IV in un campo di prigionia, spedito dai fascisti per non aver aderito alla repubblica di Salò, abbia recitato solo cose divertenti. Ne ha fatte molte, con grande classe. Ma il suo segreto era recitare testi brillanti e musical con l’impegno di un attore «serio» e di affrontare invece i copioni più impegnati con il piacere del gioco che è poi il segreto stesso del recitare. In poche parole, Tedeschi era capace di lottare con le angosce esistenziali di Bernhard, mettendo un pizzico di cinico umorismo, mentre era anche, in omaggio a Shaw, un magnifico prof. Higgins nella storica My fair lady nel ’63 con Delia Scala e Carotenuto.

Gli inizi

Gli inizi sono da capogiro: lo voleva Strehler e lo voleva anche Visconti. Col primo debutta nel ‘47 in Sotto i ponti di New York di Maxwell Anderson, neo realismo americano; col secondo entra dalla porta goldoniana della Locandiera e delle Tre sorelle cecoviane. Diplomato all’Accademia a Roma, il brizzolato Tedeschi è un attore disponibile, di forte empatia col pubblico, dotato di umorismo understatement (sotto traccia), quindi ideale per iniziare, con grandi partner Cervi e la Pagnani, tournèes di successi del dopoguerra come Harvey e Quel signore che venne a pranzo, entrambi noti al cinema. Qui c’è l’incontro col Goldoni speciale di Strehler (La vedova scaltra) ed è Pantalone nello storico Arlecchino in giro per Urss e Usa. Non gli sono sconosciuti Shakespeare (La dodicesima notte) e i francesi, da Giraudoux di Ondine a De Musset a Ionesco e diventa una colonna allo Stabile di Genova.

I testi impegnati

Due grandi talent scout, Garinei e Giovannini, lo intercettano in occasione celebrativa in Enrico ‘61accanto a Rascel: una coppia irresistibile, la vera unità d’Italia. Tanto che non c’è dubbio che nel musical dei record My fair lady ci dovrà essere lui con Delia Scala e Carotenuto, quattro mesi al Nuovo a Milano, dove sarà anche con Tognazzi e Masiero in Uno scandalo per Lili. Ma non si slegano i suoi contatti col teatro impegnato, tanto che affronta la censurata Governante di Brancati, diretto da Patroni Griffi cui segue l’Eduardo di Io, l’erede. È attore dialettico, pronto a cambiar regione e ragione, latitudine, filosofia, morale, disponibile a registi che ne apprezzano le rigorose qualità: nel ’73 la memorabile prova brechtiana strehleriana di Peachum in L’opera da tre soldi, cui segue un felice periodo in cui accasa il suo talento con Luigi Squarzina che lo dirige in Shaw, lo fa acclamare in Cardinale Lambertini, Timone d’Atene scespiriano con un pensiero moderno a Pirandello e Svevo, cui alterna sempre la brillantissima voglia di sorridere e far sorridere come accade, con qualche malinconia, in Plaza suite di Neil Simon e Luv di Murray Schisgal con Walter Chiari e l’amica coeva Franca Valeri.

A 91 anni sul palco del Piccolo

L’ultima parte della carriera, cui mette fine al Parenti nel 2015 con Dipartita finale, stravaganza beckettiana voluta da Branciaroli con altri tre attori in là con gli anni, lo vede sempre perfetto e a suo agio al centro di spettacoli belli, utili, attuali, che parlano di noi: Farà giorno diretto da Maccarinelli, sulla necessità della memoria storica, poi sul ring del pessimismo global di Berhard di cui recita Riformatore del mondo e Minetti; fa sue le Ultime lune di Bordon, sostituendo l’amico Mastroianni, commedia sulla vecchiaia, i rimpianti e le nostalgie. Ma, sorpresa, nel 2011 a 91 anni lo sceglie il grande Ronconi per La compagnia degli uomini nella casa del Piccolo, è un altro momento storico. Questo gran percorso teatrale di Giovanni Enrico Tedeschi è intervallato da presenze in film non memorabili, molta prosa quando la tv conosceva la parola, i memorabili sceneggiati anni 60 (Delitto e castigo e Demetrio Pianelli il top), vari, arguti e popolari Caroselli (Sperlari, Philadelphia) e il varietà sul piccolo schermo con La padrona di raggio di Luna, Eva ed io, Bambole non c’è una lira. Per ultimo il doppiaggio con cui fece parlare, regalando nel timbro della voce un pezzo del suo essere grande attore, Walter Matthau, Boyer, Michel Simon e chissà quanti altri.

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